“La vocazione di perdersi“ di Franco Michieli

C’è una casa editrice, Ediciclo, e una collana, “Piccola filosofia di viaggio”, che amo sempre di più. Lettura dopo lettura, volumetto dopo volumetto.

Ognuno un piccolo gioiello a suo modo. Il primo ad aver comprato e letto è stato proprio “La vocazione di perdersi” di Franco Michieli.

Michieli, nel suo saggio, ci accompagna in un viaggio profondo, non solo attraverso la natura incontaminata ma anche dentro noi stessi. L’autore, geografo ed esploratore, ci invita a recuperare un modo antico di relazionarsi con l’ambiente, abbandonando le moderne tecnologie di orientamento per affidarsi alle proprie intuizioni e alla capacità innata dell’uomo di leggere il paesaggio.

Il libro è una riflessione sul valore del perdersi come strumento di crescita personale e spirituale. Michieli ci racconta come il deviare da percorsi conosciuti e prestabiliti possa aprire la strada a nuove scoperte, non solo geografiche ma anche interiori: “Perdersi, o deviare rispetto a un percorso sperimentato, è la tecnica utilizzata dalla natura per evolversi“. Attraverso il racconto delle sue esperienze di viaggio in luoghi remoti, come le tundre nordiche e le vaste distese della Lapponia, Michieli dimostra che la vera conoscenza emerge solo quando si è disposti a lasciarsi guidare dall’imprevisto.

L’autore esplora anche il concetto di spiritualità legato al territorio, descrivendo come lo spazio fisico possa trasformarsi in uno spazio spirituale: “Il territorio è come la poesia: è inspiegabilmente coerente, trascende il suo significato e ha il potere di elevare la vita umana“. La narrazione di Michieli è densa di aneddoti e riflessioni che evocano un senso di mistero e sacralità della natura, invitando il lettore a sperimentare il “perdersi” come un’opportunità per riconnettersi con il mondo naturale e, in ultima analisi, con se stessi.

In un’epoca in cui siamo sempre più dipendenti da dispositivi digitali per orientarci, Michieli propone un ritorno alla semplicità e alla profondità del rapporto diretto con la natura, suggerendo che “la libertà di perdersi” sia la via per ritrovare una forma autentica di spiritualità. Questo libro, leggero nella forma ma profondo nei contenuti, è una lettura consigliata a chiunque senta il bisogno di evadere dalla frenesia della vita moderna per riscoprire il valore della lentezza e dell’imprevisto.

Un’opera che non solo racconta di cammini fisici, ma invita a un percorso interiore, dove il perdersi non è sinonimo di smarrimento, ma una via verso una comprensione più profonda della vita e della nostra relazione con il mondo che ci circonda​.

(Ultima modifica: 18 Agosto 2024)