Questo saggio di Pekka Himanen, docente all’Università di Helsinki e di Berkeley, è stato pubblicato da Feltrinelli per la prima volta nel lontano 2001.
Nonostante vent’anni siano un’eternità, il libro è tutt’altro che obsoleto. Anzi, può essere una lettura illuminante anche per coloro che pensano di sapere tutto della Rete e dei suoi fondamenti. “L’etica hacker e lo spirito dell’età dell’informazione”, che nel titolo richiama e prende le distanze dall’apparato ideologico calvinista esposto da Max Weber nel suo classico “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, è sia un saggio di sociologia che un trattato filosofico sul “nuovo” approccio che alcuni pionieri dell’informatica hanno applicato alla vita e al lavoro.
Chi sono gli hacker? Purtroppo, nonostante si parli di loro da tanto e siano protagonisti di serie tv di successo come “Mr. Robot”, i non addetti ai lavori e molti giornalisti fanno ancora fatica a identificarli. Cominciamo a fare una premessa terminologica: gli esperti informatici che vediamo spesso nei film, che usano le loro competenze per attività non legali, criminali e che spesso causano grossi disagi o danni a infrastrutture informatiche governative o pubbliche devono essere chiamati “cracker” (mi rendo conto che non venga naturale chiamare in questo modo i pirati informatici, anche per l’assonanza con i salatini).
I veri hacker, invece, ragionano come ingegneri con un’incredibile curiosità. Sono sperimentatori nati. I padri fondatori dell’informatica contemporanea non riuscivano a restare a guardare un sistema senza avere voglia di scomporlo fino all’ultimo bit, scoprire dove la cosa li avrebbe portati, per poi ricostruirlo e usarlo in modo alternativo.
L’hacker, nel senso più ampio possibile, secondo Pekka Himanen, è qualsiasi persona estremamente appassionata al suo lavoro e convinta del suo valore intrinseco, che è motivata più dall’idea di realizzare qualcosa di socialmente utile che da quella di “fare dei soldi”.
Quindi è un hacker chiunque voglia mettere il proprio sapere e le proprie conoscenze a disposizione di chi sia interessato, col molteplice scopo di diffondere il sapere su una certa materia, suscitare interesse a riguardo e promuovere una discussione costruttiva in grado di portare a nuovi miglioramenti in un dato campo.
Alcuni sostengono che Pablo Picasso abbia hackerato l’arte, Alan Turing il codice dei nazisti, Ben Franklin l’elettricità. Trecento anni prima di loro, Leonardo Da Vinci ha fatto la stessa cosa con anatomia, meccanica e scultura (quindi sarebbe l’umanista per eccellenza il primo hacker della Storia).
(Ultima modifica: 22 Febbraio 2023)