Nelle case editrici, a dare un contesto (e forse anche un’aura) a un libro pubblicato ci pensano le Collane. Queste non definiscono solo un genere (poesia, narrativa, saggistica, varia), ma, talvolta, anche uno stile, una tradizione, affinità e parentele. Un libro di una Collana, quindi, comunica e si nutre anche dei significati degli altri volumi della stessa Collana. Un lettore, tuttavia, è libero di ignorare completamente gli altri titoli e l’entanglement che li lega tutti insieme.
Il catalogo dei libri delle edizioni Adelphi, però, va ben al di là delle parentele di Collana.
Lo stesso libro, anche se già edito e passato per fiere, librerie e mercatini, se ripubblicato da Adelphi, sembra trasfigurarsi.
Perché si ha l’impressione di leggere un libro diverso?
È come se le edizioni Adelphi avessero un “valore quantistico”. Proprio tirando in ballo la meccanica quantistica Guido Vitiello prova a spiegare questo fenomeno:
Formuliamo dunque un “principio di complementarità” editoriale: i libri Adelphi possono esser considerati, a seconda del tipo di osservazione, come onde o come particelle. Sotto l’aspetto corpuscolare, “Giustizia” è lo stesso libro già proposto da Marcos y Marcos: non uno iota è cambiato. Se lo consideriamo sotto l’aspetto ondulatorio, però, tutto appare diverso: il romanzo di Dürrenmatt diventa una delle carte del solitario che Roberto Calasso gioca (in sanscrito stretto, c’è da giurarci) con la propria mente. È lui stesso, d’altro canto, a sostenere che l’arte dell’editoria è “la capacità di dare forma a una pluralità di libri come se essi fossero i capitoli di un unico libro”.
Il Dürrenmatt di Adelphi non è quello di Marcos y Marcos proprio come il Kant di Adelphi non è quello di Laterza, il Wittgenstein di Adelphi non è quello di Einaudi, lo Sciascia di Adelphi non è quello di Sellerio. La nuova cornice impone di leggerli come libri a sé stanti e, insieme, come glosse all’opera di Calasso; come corpuscoli ben definiti e come vibrazioni di quel grande moto ondulatorio che è il catalogo Adelphi.
Un lungo serpente di pagine
Roberto Calasso, nell’introduzione a una raccolta di risvolti, “Cento lettere a uno sconosciuto“, scrive:
Che cos’è una casa editrice se non un lungo serpente di pagine? Ciascun segmento di quel serpente è un libro. Ma se si considerasse quella serie di segmenti come un unico libro? Un libro che contiene in sé molti generi, molti stili, molte epoche, ma dove si continua a procedere con naturalezza, aspettando sempre un nuovo capitolo, che ogni volta è di un altro autore. Un libro perverso e polimorfo, dove si mira alla poikilÍa, alla «variegatezza», senza rifuggire i contrasti e le contraddizioni, ma dove anche gli autori nemici sviluppano una sottile complicità, che magari avevano ignorato nella loro vita.
Contenitori di moltitudini o libri-cipolla
In un altro articolo, tra l’erudito e l’ilare (un po’ la sua cifra stilistica) Guido Vitiello si spinge più in là, parlando della moltitudine di livelli di lettura e significato presente in molte pubblicazioni Adelphi, che li trasforma in libri-cipolla, da sfogliare velo dopo velo:
Usurpandone una bella formula, diremo che “Le nozze di Cadmo e Armonia”, e per estensione tutta l’opera del suo autore, può leggersi «a modo di un cavolo o carciofo dalle infinite foglie come il libro universale che Letizia Alvarez di Toledo propose a Borges di sostituire alla sua Biblioteca di Babele». Cavoli, carciofi o anche, se piace, cipolle come quella del “Peer Gynt”. Sono simboli triviali, certo: ma ciò che sta in basso, sul banco del verduraio, è come quel che sta in alto, nei cieli della «letteratura assoluta». E cavoli, carciofi e cipolle – absit iniuria – si applicano meravigliosamente a uno scrittore che del principio delle «infinite foglie», o degli infiniti velami, ha fatto il cardine della sua opera: quasi non c’è pagina di Calasso in cui non si dica che una verità è la guaina di un’altra, la quale a sua volta è la fodera di un’altra rivelazione; quasi non c’è frase dove non si parli di maschere, travestimenti, specchi, teatri delle ombre, superfici che nascondono altre superfici, danze dei sette veli che non conducono mai alle nudità della signorina Alétheia, alla verità qual è, ma sempre e solo a ulteriori e più intimi tegumenti.
Un libro edito Adelphi diventa quindi, – citando sempre Vitiello – nei casi migliori, una sontuosa Wunderkammern in cui è dilettoso smarrirsi, una camera delle meraviglie che compone uno dei palazzi più degni della nostra editoria: il catalogo Adelphi, quell’ininterrotto soliloquio fatto di libri e di autori che è un’estensione delle idiosincrasie del suo animatore, l’elusivo e affabile Roberto Calasso.
(Ultima modifica: 4 Marzo 2023)