“Nel contagio” di Paolo Giordano

Paolo Giordano è uno scrittore e uno scienziato. Ha vinto il premio Strega nel 2008 con il suo romanzo d’esordio “La solitudine dei numeri primi”. Ma è anche un fisico (ha studiato le interazioni fondamentali e le proprietà del quark bottom).

Il suo instant book sul coronavirus pubblicato da Einaudi è breve, ma denso. Il suo punto di vista è particolare e intelligente.

Secondo l’autore, tra le prime cose che abbiamo imparato tutti, ci sono “la molteplicità di livelli che ci collegano gli uni agli altri” e, quindi, la complessità del mondo che abitiamo. È stato spiazzante accorgersi improvvisamente, dopo la pandemia, che tante cose che davamo per scontate e sulle quali si reggeva la nostra quotidianità nei suoi livelli più elementari, come le norme sociali legate ai saluti (ad esempio, baci, abbracci e strette di mano), scontate non lo erano per niente.

Per questi motivi,

“il contagio è la misura di quanto il nostro mondo è diventato globale, interconnesso, inestricabile”.

L’aspetto psicologico ha e avrà un grosso peso in questa pandemia. Non c’è soltanto l’emergenza sanitaria, ci sono anche le conseguenze dell’isolamento forzato. Dopo il lockdown imposto dal Governo italiano l’8 marzo, ci si è ritrovati isolati a casa nelle condizioni più diverse. Alcuni con partner e famiglia, altri soli. Si è capito abbastanza in fretta che, paradossalmente, la normalità, ma anche l’intimità, per funzionare bene, si reggevano su fragili equilibri, tempi, luoghi e ruoli diversi che, quando sono andati in corto circuito, hanno quasi tolto il pavimento sotto i piedi. E ci si è trovati a disagio, impreparati, proprio nella dimensione che dovrebbe essere quella più conosciuta e familiare, quella casalinga. Tutto è stato messo in discussione, compresa l’idea che abbiamo di noi stessi. Ecco perché Paolo Giordano, con l’atteggiamento dello scienziato, dice:

“Non voglio perdere ciò che l’epidemia ci sta svelando di noi stessi.”

Il salto di qualità che dovremmo fare tutti in questa pandemia (e per fortuna qualcuno l’ha capito) è superare la paura e l’egoismo, che sono meccanismi di difesa comprensibili in una condizione di pericolo, e, se stiamo bene, cominciare a pensare a cosa possiamo fare per gli altri, cominciando dalle persone che sono più vicine, non solo a livello affettivo ma anche geografico. Rendersi conto di essere parte di qualcosa di più grande di noi e delle nostre vite. Una comunità. Nel passaggio più importante del libro Giordano dice:

“Quindi l’epidemia c’incoraggia a pensarci come appartenenti a una collettività. Ci obbliga a uno sforzo di fantasia che in un regime normale non siamo abituati a compiere: vederci inestricabilmente connessi agli altri e tenere in conto la loro presenza nelle nostre scelte individuali. Nel contagio siamo un organismo unico. Nel contagio torniamo a essere comunità.”

(Ultima modifica: 19 Febbraio 2023)

 
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