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Capire “Interstellar” (con l’aiuto di Stanley Kubrick)

Si dice che Interstellar dovesse essere diretto da Steven Spielberg, ma alla fine è stato girato da Christopher Nolan, che lo ha scritto assieme a suo fratello. È ispirato alle teorie del fisico gravitazionale Kip Thorne.

Nolan non nasconde di essersi ispirato al capolavoro di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio. Quando preparava il film ha dichiarato:

Quando si guarda alla fantascienza nei film, ci sono delle pietre miliari. Metropolis. Blade Runner. 2001. Ogni volta che si parla di lasciare il pianeta, 2001 è qualcosa di inevitabile. Ma c’è un solo 2001. Perciò non conviene avvicinarsi troppo a quel modello.

Christopher Nolan e la calma di Stanley Kubrick

Il fatto che Nolan abbia messo le mani avanti è interessante. Le cose diventano più chiare quando parla della differenza tra il suo lavoro e quello di Kubrick.

Dal punto di vista dello storytelling, da un punto di vista registico, c’è una cosa che ho associato a quello che [Kubrick] fa, e questa cosa è la calma. Ci sono una tale calma e fiducia innata nel potere di un’immagine, che mi provoca imbarazzo nei confronti del mio lavoro, a proposito di quante differenti riprese, quanti differenti effetti sonori, quante cose differenti devo proiettare sul pubblico per creare un’impressione. In Kubrick c’è una grande fiducia che una giusta singola immagine possa spiegare tranquillamente qualcosa al pubblico. Questo si traduce anche in una lentezza dell’editing. Non c’è niente di frenetico nel processo. È molto semplice.

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8 cose in comune tra “Interstellar” e “2001: Odissea nello Spazio”

Christopher Nolan non ha mai nascosto il fatto che “2001: Odissea nello Spazio”, il capolavoro del 1968 diretto da Stanley Kubrick, l’abbia influenzato profondamente. In effetti, se lo mettiamo a confronto con “Interstellar”, non è difficile trovare scene e linee narrative che sembrano scorrere parallele o diventare dei contrappunti.

1. La lotta per la sopravvivenza

La lotta per la sopravvivenza

I film cominciano entrambi con problemi piuttosto seri legati alla sopravvivenza.

In 2001: Odissea nello Spazio gli antenati dell’uomo, prima di evolversi, vivono la maggior parte del loro tempo dominati dalla paura di essere sbranati dal leopardo, di subire un’imboscata da parte dei gruppi rivali e di non riuscire a trovare cibo sufficiente a sopravvivere.

Anche Interstellar comincia con un mondo malato e un uomo sempre più vulnerabile. La maggior parte delle coltivazioni di cereali stanno morendo per un morbo sconosciuto e gravi disturbi respiratori sono sempre più frequenti a causa di tempeste di sabbia generate dagli sconvolgimenti climatici.

Cooper, il personaggio di Matthew McConaughey, dice:

Ci siamo abituati a guardare in alto e a sognare il nostro posto nelle stelle. Ora guardiamo giù e ci meravigliamo del nostro posto nella polvere.

Il messaggio è chiaro, e ribadito più e più volte. Non siamo più esploratori, innovatori, pensatori. Siamo custodi. Agricoltori. Non pensiamo. Sopravviviamo.

2. Un messaggio che arriva da lontano e che porta lontano

Un messaggio che arriva da lontano e che porta lontano

In 2001 un ominide tocca un misterioso monolito nero. È stato messo lì da un’intelligenza aliena. Quello che succede dopo è l’inizio di un salto evolutivo che fa arrivare l’uomo nell’era spaziale. E infine lo fa trascendere nel Bambino Cosmico, uno stato quasi-divino (che fa pensare alle “tre metamorfosi” citate in Così parlò Zarathustra di Nietzsche).

In Interstellar un “fantasma” fa cadere dei volumi dalla libreria e sembra voler comunicare qualcosa con i raggi del sole. È un codice. Murph riesce a decifrarlo in parte. Cooper ne tira fuori delle coordinate che lo portano a scoprire la sede segreta della NASA. Poco dopo Cooper decide di partire per una missione che lo porterà molto lontano da sua figlia Murph.

3. Una ruota che gira

Una ruota che gira

La stazione spaziale di 2001 ha la forma di una ruota e gira accompagnata dal Danubio Blu di Johann Strauss II.

Anche la nave spaziale di Cooper, in Interstellar, ha una forma circolare.

Non ci sono dubbi che la ruota sia un simbolo. Richiama il concetto medioevale di Ruota della Fortuna, che a seconda di come gira determina il nostro destino.

4. L’attraversamento della soglia

L'attraversamento della soglia

In 2001: Odissea nello Spazio Dave, alla fine del film, vicino all’orbita di Giove, si avvicina a un altro monolito nero che fluttua nello spazio. A quel punto comincia a viaggiare attraverso quello che potrebbe essere un wormhole in un altro piano dello spazio/tempo.

Cooper, in Interstellar, fa un viaggio simile. Non tanto quando attraversa il wormhole, ma quando finisce nel buco nero. Non muore, ma (grazie all’intervento di un’intelligenza aliena, forse un’evoluzione dell’uomo) finisce in un tesseratto, un ipercubo. Superata la disperazione iniziale, Cooper capisce che, in qualche modo, può comunicare con sua figlia Murph.

5. Il protagonista, alla fine, incontra se stesso

Il protagonista, alla fine, incontra se stesso

In 2001 Dave, alla fine del suo viaggio, arriva in una strana stanza bianca. Lì incontra una versione invecchiata di se stesso.

Anche Cooper, in Interstellar, dopo essere precipitato nel buco nero, all’interno del tesseratto, vede tante versioni di se stesso, mentre è in compagnia di sua figlia Murph, nei momenti che precedono la sua partenza per la missione della NASA.

6. Un letto in una stanza bianca

Un letto in una stanza bianca

In 2001 Dave, nella stanza bianca, vede se stesso invecchiare e infine morire in un letto. Prima di trascendere nel Bambino Cosmico.

Anche Cooper, in Interstellar, si risveglia in un letto, dentro una stanza bianca. È in ospedale, ma non si trova sulla Terra. È in una stazione spaziale vicino Saturno. Ha più di un secolo, ma non sembra invecchiato. A differenza di sua figlia Murph che incontrerà, finalmente, alla fine della sua vita.

7. Un monolito come compagno di viaggio

Un monolito come compagno di viaggio

In entrambi i film un monolito nero accompagna il viaggio dei protagonisti.

In 2001, il monolito nero è presente quando gli ominidi fanno il primo salto evolutivo, che porta dall’invenzione degli strumenti all’era spaziale. Poi un altro monolito viene ritrovato sulla Luna, nei pressi dell’orbita di Giove e dentro la stanza bianca, prima della trasfigurazione finale.

Anche Cooper, in Interstellar, si trova affianco a un monolito nero che lo accompagna nella sua missione. È TARS, un robot intelligente. Lo incontra per la prima volta quando scopre la sede segreta della NASA con Murph. È a bordo della nave spaziale durante la missione. Anche quando Cooper, sconcertato, finisce nel tesseratto, TARS è lì ad assisterlo. E si trova infine, nella stazione spaziale vicino Saturno, nella casa-museo (piena di monoliti neri con schermi TV che raccontano di come l’umanità sia riuscita a sopravvivere al disastro, grazie a Murph). È disassemblato. Cooper lo fa ricostruire e riparare.

8. L’evoluzione della specie

L'evoluzione della specie

Si potrebbe dire che sia Kubrick che Nolan parlano dell’evoluzione umana, anche se lo fanno in maniera molto diversa.

In 2001 l’evoluzione è aiutata dal monolito nero. È il monolito il deus ex machina del passaggio dagli ominidi all’Homo Sapiens Sapiens. Ed è sempre il monolito che guida Dave verso la trasfigurazione finale che lo porta a diventare un Bambino Cosmico semi-divino.

Anche in Interstellar l’umanità evolve. Quando Cooper si riveglia nella stazione spaziale vicino Saturno, si ha l’impressione che l’uomo abbia iniziato una nuova fase della sua civiltà. Dopo aver, probabilmente, distrutto il pianeta Terra è riuscito a sopravvivere ed è sicuramente dotato di una nuova consapevolezza. È l’amore di Murph, verso suo padre e verso l’umanità, che ha salvato tutti (la stazione spaziale porta il suo nome).

È interessante notare che Stanley Kubrick, con la follia di HAL 9000, abbia forse voluto comunicare la sua sfiducia nel fatto che la tecnologia possa far fare un salto di qualità all’uomo. Anzi, potrebbe complicargli la vita. Christopher Nolan affronta la cosa in maniera più leggera, però fa riflettere che anche un’intelligenza artificiale avanzata come TARS, alla fine, sia trovata a pezzi, dentro la casa-museo.

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“Interstellar”, l’amore e l’entanglement quantistico

“Interstellar”, l’amore e l’entanglement quantistico

Non ci sono dubbi che una delle chiavi per la comprensione di Interstellar di Christopher Nolan è il rapporto profondo che lega Cooper a sua figlia Murph.

Da quando Cooper decide di partire per la sua missione e quindi abbandonare, provvisoriamente, Murph, il loro legame resta indissolubile, anzi, per certi versi, diventa ancora più forte.

Nel momento decisivo, lontanissimi e da dimensioni diverse, padre e figlia trovano il modo di comunicare. Come riescano a farlo è un grosso mistero che ha lasciato gli spettatori allo stesso tempo affascinati e confusi.

Cos’è l’entanglement quantistico

Forse una spiegazione può essere tentata ricorrendo a un concetto della meccanica quantistica chiamato “entanglement” (che in inglese significa groviglio, intreccio). Il primo a parlarne fu il fisico Erwin Schrödinger in un commento a un articolo sul paradosso EPR, che nel 1935 gettò le basi teoriche del fenomeno.

È come se due particelle che si sono generate nello stesso istante, da quel momento e per sempre, comunicassero “telepaticamente”. Se si apporta un cambiamento a una particella, ad esempio invertendo lo spin, l’altra particella, dovunque si trovi, risentirà instantaneamente della stessa modifica.

L’entanglement tra Cooper e Murph

L’entanglement tra Cooper e Murph

In Interstellar la libreria (e il relativo tesseratto nella quinta dimensione) non rappresenta l’osservazione di stati quantistici collegati, ma può essere considerata metaforicamente un entanglement tra padre e figlia.

Questa “speciale” forma di comunicazione, nel corso del film, attraversa stadi sempre più raffinati.

All’inizio il “fantasma” di Cooper fa cadere alcuni volumi di un’enciclopedia. Murph collega le iniziali delle lettere dei lemmi fino a formare la parola “Stay” (Resta).

Poi Cooper, attraverso alcune strane deviazioni dei raggi solari e gli appunti raccolti minuziosamente da Murph, riesce a ricostruire un codice. E arriva a una serie di numeri che sono le coordinate per raggiungere la sede segreta della NASA.

Infine, dopo essere finito nel tesseratto, Cooper comunica con sua figlia attraverso l’orologio che le ha lasciato prima di partire. Con il movimento della lancetta dei secondi traduce in codice binario, con l’assistenza del robot intelligente TARS, i dati sulla gravità quantistica raccolti dentro il buco nero Gargantua. Murph riuscirà a trascrivere le informazioni fondamentali e a risolvere, probabilmente, il più spinoso problema dei fisici contemporanei: cioè la conciliazione della teoria della relatività con la meccanica quantistica. Con la sua scoperta salverà l’umanità, arrivando, forse, a una Teoria del Tutto.

L’entanglement e l’amore

L'equazione dell'amore di Dirac

La formula più citata a proposito (e sproposito) dell’entanglement quantistico è l’equazione di Dirac (qui sopra un adattamento romantico). Come racconta Giulia Murtas:

è un’equazione d’onda (espressione matematica che descrive la propagazione delle onde nel tempo e nello spazio), e la sua funzione è quella di descrivere in modo relativisticamente invariante il moto dei fermioni, particelle (tra cui l’elettrone!) che costituiscono insieme ai bosoni una delle due classi fondamentali di particelle e rispettano il principio di esclusione di Pauli (oltre ad avere sempre massa, mentre alcuni bosoni ne sono privi).

Il risvolto romantico di quest’equazione sta nel fatto che

due sistemi che vengono messi a contatto e creano un’interazione tra di loro, se separati continueranno a sentire l’influenza l’uno dell’altro anche se posti a distanza infinita, e perciò devono essere considerati come un sistema unico.

La coppia di particelle, quindi, va considerata come un sistema unico con caratteristiche peculiari. Proprio come succede a una coppia di innamorati.

Nel film I Origins di Mike Cahill, lo scienziato Ian Gray dichiara in questo modo il suo amore alla fidanzata Sofi:

Credo che noi due ci conosciamo da sempre, sai perché? Quando c’è stato il Big Bang tutti gli atomi dell’universo si sono uniti in un minuscolo puntino che poi è esploso. Quindi i miei atomi e i tuoi atomi erano sicuramente insieme, chissà, magari si sono uniti diverse volte negli ultimi 13,7 miliardi di anni. I miei atomi conoscono i tuoi atomi, li conoscono sin dall’inizio. I miei atomi hanno sempre amato i tuoi atomi.

Forse allora ha senso pensare che, anche quando ci si lascia, si conservi dentro di sé una parte dell’altro, una parte di noi diventi l’altro. E che, anche distanti anni luce, in qualche modo, continueremo a influenzarci.

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“Interstellar” spiegato da Rust Cohle

Qualcuno una volta mi ha detto: “Il tempo è un cerchio piatto”. Tutto quello che abbiamo fatto o faremo, lo rifaremo ancora, ancora e ancora.

Quando il detective Rust Cohle pronuncia queste parole (che ad alcuni suoneranno familiari e faranno pensare all’Eterno Ritorno dell’Uguale di Nietzsche), non sappiamo se sia arguto o folle o entrambe le cose. I poliziotti che sono di fronte a lui, durante l’interrogatorio, si guardano increduli e confusi. Ma non è detto che Rust abbia torto. La scienza suggerisce il contrario — il tempo potrebbe essere fatto di cerchi piatti, e questo spiega la fine di Interstellar.

Tutto quello che abbiamo fatto o che faremo

Il tempo in Interstellar

Nel colossal fantascientifico di Christopher Nolan, Matthew McConaughey e il suo equipaggio hanno il compito di trovare una nuova Terra. Nel nostro sistema solare non ci sono pianeti in grado di sostenere la vita, così l’umanità deve cercare altrove — in un’altra galassia. Ci potrebbero volere centinaia di migliaia di anni, ma c’è una scorciatoia vicino Saturno. Qualcuno ha costruito un wormhole lì, e ci abbiamo spedito già delle persone per attraversarlo.

Attraversato il wormhole, Cooper (aka McConaughey) dovrà fare i conti con bugie, dilatazioni temporali e disastri che lo porteranno a finire dentro il buco nero conosciuto come Gargantua. Sopravvissuto all’incredibile attrazione gravitazionale (per l’intervento di un’intelligenza aliena), Cooper troverà se stesso in un tesseratto, un artefatto della quinta dimensione, e sarà in grado di spedire dei messaggi a sua figlia nel passato. Questi messaggi permetteranno a Murph di risolvere le equazioni gravitazionali. Cooper alla fine, abbandonato il tesseratto, viene recuperato da qualche parte vicino Saturno. L’umanità è stata salvata.

Ma come poteva Cooper salvare il mondo se quello che faceva era così dipendente da quello che era già successo nel futuro?

La spiegazione potrebbe stare proprio nel fatto che il tempo è un cerchio piatto. Vediamo cosa significa.

Curve chiuse di tempo

Il wormhole di Interstellar

Sebbene siano stati davvero teorizzati da fisici e cosmologi, non abbiamo evidenze fisiche che i wormhole esistano davvero o che qualcosa possa viaggiarci attraverso. Non abbiamo mai visto un buco nero e quasi sicuramente chiunque ci cadesse dentro, morirebbe. In breve, gran parte delle teorie scientifiche su cui si basa Interstellar sono pura speculazione.

Ma è anche vero che, in teoria, se potessimo creare e manipolare un wormhole, per esempio, potremmo creare una macchina del tempo.

Ma, molto più importante per la comprensione del finale di Interstellar, alcune soluzioni alle equazioni di Einstein della relatività generale permettono le cosìdette curve chiuse di tempo” (closed timelike curves) — cicli chiusi di spazio e tempo. Entrare in una curva chiusa di tempo domani significa che si potrebbe arrivare oggi.

E dove potrebbero esistere le curve chiuse di tempo? Vicino alla singolarità a forma di anello di un buco nero, che ruota a una velocità prossima a quella della luce. Questi sono chiamati buchi neri di Kerr — Roy Kerr ha scoperto questa soluzione alle equazioni di Einstein nel 1963 — e sono presumibilmente la tipologia di buco nero che si vede in Interstellar, almeno secondo Kip Thorne, il fisico gravitazionale che ha fatto da consulente scientifico per il film.

Così, se Cooper potesse entrare in Gargantua, entrare in una curva chiusa di tempo, potrebbe essere in grado di essere simultaneamente nel futuro per salvare l’umanità ed esistere nel passato per seguire le sue stesse istruzioni (le coordinate per raggiungere la sede segreta della NASA).

Ma c’è un’altra questione irrisolta:

Chi ha messo il wormhole vicino Saturno in modo che tutta questa avventura potesse iniziare?

Cooper è convinto che siano stati gli esseri umani del futuro.

Qui è dove le cose si fanno veramente strane, e dove Rust Cohle entra in gioco.

Un cerchio piatto

Molte persone avranno sentito parlare della teoria della relatività di Einstein, ma sicuramente le sue implicazioni profonde sfuggono ai più. Se davvero seguiamo la teoria, la separazione tra passato, presente e futuro perde di significato.

Per esempio, a causa della relatività generale, quello che pensiamo sia “adesso” dipende da dove siamo nell’universo e da come ci muoviamo. Se “adesso” per te significa leggere questo paragrafo, un osservatore che si muove da qualche parte nell’universo potrebbe interpretare il tuo adesso come già accaduto o non ancora accaduto. In altre parole, ci sono molti modi di tagliare a fette il continuum dello spazio-tempo. Tutto a seconda di come il tempo si muove per l’osservatore.

Considerati quanti “adesso” possono essere differenti nel nostro universo, la conclusione è che il passato e il futuro come li conosciamo devono essere reali, e potrebbero essere l’adesso di qualcuno, se ci basiamo sulla relatività. Se passato, presente e futuro sono reali, e non solo ricordati o immaginati, allora una curva chiusa di tempo che ha attraversato passato e futuro potrebbe generare il proprio ciclo di eventi all’interno del continuum spazio-temporale.

Una spiegazione di Interstellar potrebbe essere: ad un certo punto del continuum spazio-temporale, gli esseri umani sono abbastanza avanzati da manipolare lo spazio e curvarlo per creare wormhole. Ma questa civiltà avanzata è possibile solo se Cooper trova le informazioni all’interno di Gargantua necessarie a risolvere le nostre equazioni e le trasmette a sua figlia. Questo può avvenire solo, però, se l’umanità sopravvive per essere abbastanza avanzata per inviare un wormhole nel passato. È un loop.

Questi eventi non possono accadere l’uno senza l’altro, il che non rientra nella nostra visione tradizionalmente lineare del tempo. Poiché è stato possibile per Cooper entrare in una curva chiusa di tempo, gli eventi che gli permettono di farlo devono esistere anche in futuro.

Se potessimo vedere tutto questo casino da sopra, da una dimensione più alta, vedremmo il tempo come un cerchio piatto.

Vedremmo Cooper che attraversa sempre quel wormhole perché è quello che ha sempre fatto.

Il destino segreto di tutti i McConaughey

Il destino segreto di tutti i McConaughey

Rust Cohle abbraccia una specie di cosmicismo — la famosa filosofia di H. P. Lovecraft — affermando:

Gli esseri umani sono particolarmente insignificanti nel più ampio schema dell’esistenza intergalattica, e forse sono solo una piccola specie che proietta le proprie idolatrie mentali nell’immensità del cosmo, sempre suscettibile di essere spazzata via dall’esistenza in qualsiasi momento.

In un certo senso, questo ci fa capire perfettamente qual è l’inquietudine di Cooper. Non c’è un dio che ci possa salvare, e l’universo è freddo e indifferente. Dobbiamo salvarci da soli. E se tutto il film è una specie di loop temporale, allora la filosofia nichilista di Cohle e la teoria del “cerchio piatto” suonano ancora più vere.

Ma c’è di più. McConaughey ha recitato sia in Interstellar che in Contact, entrambi i film usano wormhole per viaggiare ed entrambi sono basati sulle teorie del fisico Kip Thorne. In True Detective, McConaughey apparentemente descrive la fine di Interstellar.

Tutti i McConaughey appartengono a universi paralleli, collegati da wormhole, che sono l’uno la causa dell’altro?

Non lo so, ma sarebbe bello credere che noi spettatori siamo parte dell’equazione.

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